robot subacquei

Robot subacquei

Robot o subacquei? La parola robot, oggi diffusa in tutte le lingue, deriva dal  termine ceco robota che significa  lavoro pesante. Venne usto per la prima volta dallo scrittore ceco Karel Čapek in un dramma teatrale del 1920. Indica un apparecchiatura artificiale, più o meno antropomorfa, che compie azioni che possono sostituire o aiutare l’uomo in lavori pesanti o pericolosi.

I robot utilizzati di solito sono costituiti da una parte elettronica, opportunamente programmata, che controlla una parte meccanica costituita da servomeccanismi capaci di assolvere i compiti più diversi, da aspirare la polvere ad assemblare i pezzi di un automobile.

robot subacquei

La preoccupazione che i robot possano competere con l’uomo, ribellarsi o addirittura sterminarlo è un argomento che è stato sollevato più volte, nella letteratura e non solo. Nella serie di racconti Io, Robot, Isaac Asimov enunciò le Tre Leggi della Robotica che dovrebbero prevenire la competizione fra robot ed esseri umani:

  1. Un robot non può recar danno a un essere umano, né permettere che, a causa della propria negligenza, un essere umano patisca danno.
  2. Un robot deve sempre obbedire agli ordini degli esseri umani, a meno che contrastino con la Prima Legge.
  3. Un robot deve proteggere la propria esistenza, purché questo non contrasti con la Prima o la Seconda Legge.

Robot Subacqei

E sott’acqua? Qui i robot si trovano nella situazione ideale per svolgere compiti o esplorare ambienti che sarebbero pericolosi per l’uomo. Di conseguenza, uno dei campi in cui si  prevede che i robot possano trovare sempre più applicazioni in futuro è proprio l’esplorazione subacquea, a scopi biologici (studio  e descrizione degli ecosistemi), geologici (ricerca mineraria), geografici (mappatura di zone poco conosciute) o per la ricerca di relitti, soprattutto quando l’attività si svolge a profondità eccessive, pericolose o comunque difficili per l’operatore  umano.

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Qui possiamo considerare un po’ l’antenato dei moderni robot il ROV, acronimo che sta per Remotely  Operated Vehicle e che indica un sottomarino filoguidato che può di solito filmare e raccogliere campioni con  braccia  meccaniche. Il limite principale del ROV è il cavo, cordone ombelicale che lo collega alla superficie limitandone la mobilità e l’operatività.  Ma la miniaturizzazione aiuta a produrre motori e batterie sempre più piccoli ed efficienti, per dare una vera autonomia ai robot subacquei di nuova generazione. D’altro canto è grazie al cavo se il ROV può trasmettere immagini in diretta alla superficie.

Molti robot di ultima generazione si ispirano alla forma o alle dimensioni ridotte di animali del mare, proprio per essere capaci, come i loro modelli,  di una propulsione efficiente o di introdursi in spazi angusti. Così sono stati sperimentati il mantadroid, lo squidbot e  lo snakebot. In linea di principio si considera che se l’evoluzione durante ere geologiche ha premiato certe forme e certi  stili di nuoto, la cosa migliore da fare per noi è copiare. D’altra parte,  pensiamo un attimo a pesci come il pesce scatola, non velocissimo ma capace di girare sul posto, di inclinare il muso verso l’alto o verso il basso, di nuotare all’indietro, insomma dotato di una capacità di manovra incredibile per un animale dotato di un’armatura rigida. Un po’ come un piccolo robot, insomma.

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Massimo Boyer
Author: Massimo Boyer

Biologo marino, fotografo sub e scrittore, tour operator, istruttore e guida. Ottimo conoscitore dei fondali Indonesiani. Autore di 4 libri: La fotografia naturalistica subacquea. Tra tecnica, arte e scienza, Scilla. Storia di uno squalo bianco, L'agenda del fotosub. Diventa fotografo subacqueo in 12 mesi, Atlante di flora e fauna del reef e oltre 500 articoli di subacquea. Insegna Fotografia Subacquea all'Università di Genova, collabora con l'Università Politecnica delle Marche e con l'Università di Milano Bicocca. https://rubrica.unige.it/personale/UkJFXVpo

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