mostro di Loch Ness

Il DNA svela la vera identità del mostro di Loch Ness

Da un’equipe di scienziati neozelandesi la nuova scoperta: il mostro di Loch Ness potrebbe essere esistito, ma non era un rettile marino preistorico gigante, come i sostenitori della leggendaria creatura pensavano.

Il team guidato dall’esperto di genetica Neil Gemmell, dell’Università di Otago in Nuova Zelanda, ha studiato le tracce di DNA nelle acque del lago, attraverso la tecnica del DNA ambientale. Gli animali “perdono” molecole di DNA attraverso le urine, le feci, residui di pelle, e l’analisi del DNA ne rivela la presenza in ambiente. Ebbene, il team di ricercatori ha trovato, come animale più grande del lago, una anguilla, specie che può raggiungere considerevoli dimensioni e che si riproduce nel Mare dei Sargassi vicino alle isole Bahamas. Lì l’animale va per deporre le uova, prima di intraprendere lunghissime migrazioni che possono portarlo a svilupparsi completamente a una distanza di 5000 chilometri.

 

mostro di Loch Ness

 

Il mostro di Loch Ness: un’anguilla

Gli scienziati hanno raccolto e analizzato oltre 250 campioni dell’acqua del lago che raggiunge una profondità di oltre 200 metri, per estrarre 500 milioni di sequenze di DNA. Sono stati trovati solo segmenti di DNA riconducibili a specie conosciute. Nessun DNA compatibile con un Pleisosauro, uno squalo gigante della Groenlandia, o creature mitologiche sconosciute e sopravvissute per chissà quanto tempo nelle profondità del lago è stato ritrovato.

Proprio le grandi anguille secondo gli scienziati, potrebbero essere all’origine della leggenda del mostro di Loch Ness, dove gli abitanti le avrebbero avvistate nei secoli, credendo che si trattasse sempre del medesimo esemplare, poi battezzato come il nome di Nessie.

La leggenda dura dal 565 D.C., quando una missionaria irlandese avrebbe raccontato di essersi imbattuta – per la prima volta – in animale gigantesco che abitava il fiume Ness. Da allora si contano oltre mille casi di avvistamento della creatura, di cui otto solo nell’ultimo anno. I più accaniti sostenitori della leggenda – che ha fatto accorrere turisti dai quattro angoli del mondo – hanno spiegato che il cambiamento climatico sarebbe complice delle osservazioni più frequenti del mostro, che il caldo renderebbe più attivo. Se si scriverà la parola fine, sembra un finale un po’ deludente.

Massimo Boyer
Author: Massimo Boyer

Biologo marino, fotografo sub e scrittore, tour operator, istruttore e guida. Ottimo conoscitore dei fondali Indonesiani. Autore di 4 libri: La fotografia naturalistica subacquea. Tra tecnica, arte e scienza, Scilla. Storia di uno squalo bianco, L'agenda del fotosub. Diventa fotografo subacqueo in 12 mesi, Atlante di flora e fauna del reef e oltre 500 articoli di subacquea. Insegna Fotografia Subacquea all'Università di Genova, collabora con l'Università Politecnica delle Marche e con l'Università di Milano Bicocca. https://rubrica.unige.it/personale/UkJFXVpo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Torna in alto